Il paesaggio reale visionario
Di Massimo Scaringella
2019
Dall'inizio delle avanguardie del secolo XX gli artisti si sono spesso caratterizzati per portare avanti la loro ricerca artistica su due basi visive: la figurativa e l'astratta cercando di trovare una sintesi che li portasse ad esaltare la loro visione percettiva del mondo. Non è esente da questo Silvana Chiozza che per anni ha fatto della pittura figurativa di paesaggio il suo linguaggio espressivo principale. Ma negli ultimi tempi questi paesaggi si sono trasformati, con una evoluzione romantica, in una espressione visiva di forte derivazione informale caratterizzando il suo lavoro in due linee parallele puramente estetiche. Ma convergenti nella visione dello spettatore che è portato dalle sue opere a una rilettura del paesaggio secondo una visione onirica della realtà e cercare di assimilarla alla sua visione.
Le sue opere, in tutti e due i casi, si muovono sempre in un ritmo ordinato, cercando sorprendenti sintesi, tanto nella strutturazione della forma, come nella pulizia e chiarezza della pennellata. Dove un altissimo senso del colore in sé e per sé che addensa e elabora con inesausta tensione emotiva. Ma nel contempo non si sente mai sganciato dalla verità percettiva e dalla conseguente visione del concreto, per cui il suo essere, a volte, astrattista significa piuttosto un modo generale di avvicinamento alla realtà. Forme che sembrano esistere solo in funzione della conoscenza di due qualità: la purezza e l'organizzazione. L'arte e la natura, intesa come paesaggio, sono i termini di una coppia dialettica che può incontrare la sintesi nella ristrutturazione dell'ambito umano, talvolta in un ambito ancora più intimo: è nella vita quotidiana, questa cellula modesta, ma imprescindibile da qualunque progetto di organizzazione ambientale, che si ritrova la sua semplicità espressiva. Una ricerca di nuovo dialogo con il mondo e con la struttura cosmica. L'artista, in questo caso, o esprime l'esaltazione della natura per incontrare un contatto fraterno o esprime il patimento della realtà. Esprimendo un senso di essenzialità visiva e spontanea, ma strutturalmente legata alla sua visione della natura e l'infinito orizzonte della vita. L'opera rappresenta quindi per Silvana Chiozza un momento sperimentale e spontaneo dell'ideazione creativa, dove testimonia in modo evidente il formarsi dell'immagine, il colore come scrittura, che uscendo dall'inconscio diventa pensiero visivo. Per lo spettatore pura "poesia" dell'illusione di vedere oltre.
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